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Caso Dezio: il movente "forti discussioni per una trazzera comune"

Non rinvenuta ancora l'arma del delitto

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Continuano senza sosta le indagini sul caso dell’omicidio Dezio. I Carabinieri sono impegnati nel ricostruire tappa su tappa ogni minuzioso dettaglio che potrà essere fondamentale per far luce sulla vicenda. Nonostante siano quattro gli indagati ci sono ulteriori aspetti al vaglio degli inquirenti. Gaetano Pepi e i tre figli, Antonino, Alessandro e Marco accusati di omicidio volontario, domani compariranno davanti al Gip Giovanni Giampiccolo per l’interrogatorio di garanzia. Continuano le indagini sull’autopsia conferita dal sostituto procuratore dott.ssa Valentina Botti. Durante la prima ispezione, la vittima ha subito 4 o 5 coltellate di cui una sarebbe stata fatale mentre sul luogo del delitto l’Arma ha trovato uno stiletto, pare appartenesse alla vittima. Non è ancora stata rinvenuta l’arma del delitto mentre eseguendo minuziose perquisizioni presso le proprietà agricole è stata trovata in azienda di Pepi, una pistola Beretta calibro 7,65, regolarmente detenuta, completa di cartucce ma custodita in luogo diverso rispetto a quanto dichiarato. Presso l’azienda di Dezio è stato rinvenuto un fucile semiautomatico calibro 12 con matricola abrasa, illegalmente detenuto. Sequestrate penalmente tutte saranno esaminate secondo accertamenti tecnico-balistici dal Ris di Messina. Dalla prima dinamica dei fatti emergerebbe che Dezio avesse in mano lo stiletto rinvenuto con il quale avrebbe ferito uno dei fratelli Pepi. Il movente è chiaro sin dall’inizio: forti discussioni legate alla trazzera o strada di campagna comune.

L’avvocato Garufi sostiene la difesa della famiglia Pepi.

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