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Delitto Loris, Corte d'Assise d'Appello pubblica le motivazioni che hanno portato alla condanna di Veronica

Per i giudici Veronica "è una omicida lucida e senza pietà"

Redazione
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"Omicida lucida e senza pietà". Questa, in sistesi, le motivazioni raccolte in 147 pagine nelle quali esplicita la sua decisione di conferma della sentenza di primo grado depositate dalla Corte d´Assise di Appello di Catania relative alla sentenza di condanna a 30 anni di carcere per Veronica Panarello, accusata dell´omicidio del figlio Loris Stival avvenuto il 29 novembre 2014 a Santa Croce Camerina. La Corte ha così respinto e questioni preliminari sottoposte dal legale della donna, Francesco Villardita, che chiedeva la rinnovazione dibattimentale per potere effettuare una nuova perizia psichiatrica ed un confronto tra la Panarello ed Andrea Stival. In una delle versioni di quanto accaduto quella mattina, infatti, la donna accusò il suocero di aver assassinato il piccolo Loris in sua presenza.  La Corte, nel motivare la sentenza, ha sottolineato più volte la lucida crudeltà della donna che non premeditò il delitto, pur pianificandolo. Il giudizio sostiene che Veronica Panarello ha agito "scientemente e lucidamente, senza esitazioni di sorta, per sopprimere quella giovanissima vita da lei generata, ma ha altresì dimostrato l´assenza di qualsivoglia forma di resipiscenza subito dopo la commissione dell´orribile crimine, omettendo di attivarsi in qualche modo per salvare il figlio che era ancora in fase agonica, chiamando i soccorsi o invocando l´aiuto di altre persone a tal fine. La donna si è invece adoperata senza alcuna ´pietas´ secondo il piano poco prima prestabilito per cercare di eliminare le tracce del delitto con l´occultamento del cadavere di Loris e addirittura simulando una violenza sessuale ai danni del bambino da parte di ignoti per depistare le indagini".
Nell´assunto delle motivazioni viene anche esaminata anche la perizia effettuata dal Tribunale dei minori per l´affidamento del fratello più piccolo di Loris al padre. La donna viene considerata concentrata nel "bisogno di autocentrare le relazioni affettive sui propri bisogni piuttosto che nel riconoscimento dei bisogni dei figli".  Il legale della donna, Francesco Villardita, ha preannunciato il ricorso in Cassazione.

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