Città distrutte, milioni di profughi, morti dappertutto. E’ la violenza della guerra, le sue crudeltà e veemenze che feriscono, uccidono e annientano direttamente uomini e cose. Tanta roba, brutta roba. E come in ogni conflitto sono i più deboli a pagare le peggiori conseguenze: donne, anziani, bambini soprattutto. Conseguenze dirette, e anche indirette. Come le immagini, le foto e i commenti a corredo delle atrocità , le stesse che si trascinano dietro un'altra tipologia di sopruso, abuso e prepotenza sui più piccoli, vale a dire la violenza indiretta, assistita, quella pericolosa forma di maltrattamento psicologico che può creare danni anche irreversibili. I soggetti più fragili, cioè i bambini, pur non essendo partecipi diretti delle crudeltà, corrono comunque il rischio di assimilare la negatività e l’onda di ferocia che arrivano dall’Ucraina. Perché fanciulli e giovani sono “spugne emotive”, cioè sono capaci di assorbire tutto ciò che li circonda. Dunque anche la violenza che tv e social ci sbattono in faccia ogni giorno. La quale, se priva di freni e filtri, rischia di insinuarsi nelle teste dei più giovani e come le celebri “formiche mentali” di Buzzati, generare pensieri negativi con annessi disturbi al comportamento, sia nel breve che nel lungo periodo. Insomma, ci risiamo. Bambini e adolescenti di nuovo in sofferenza. Prima la pandemia, ora la guerra e i suoi effetti. Non c’è pace per i più giovani. Che come pugili suonati rischiano seriamente di finire al tappeto. Ma nessuno ci pensa. Che impatto sta avendo la guerra sulle ultime generazioni? Quali saranno gli effetti delle brutalità del conflitto sui più piccoli? Domande che tutti gli adulti di riferimento dovrebbero porsi. Invece niente. Silenzio. Zitte e mute sono le istituzioni, afone le principali agenzie educative bombe o dai tank russi. Occorre aiutare i nostri fanciulli, come rileva Massimo Ammaniti, professore onorario di Psicopatologia presso la facoltà di Medicina e Psicologia della “Sapienza di Roma:”La rimozione dei vecchi e dei nuovi bisogni dei più piccoli non è una novità in Italia, un Paese in cui gli anziani sono e contano più dei giovani”. Tempi di violenza assistita, quelli che viviamo, che secondo il Cismai (Coordinamento dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia) “ha un impatto importante sul bambino, che se sottoposto a forte stress psicologico può accusare disturbi e deficit nella crescita staturo ponderale (altezza peso), insieme a ritardi importanti nello sviluppo psicomotorio e della vista. Danni gravi possono registrarsi anche al percorso di sviluppo cognitivo, con ricadute negative sulla autostima, sulle capacità di empatia e sulle competenze intellettive”. Tutto qua? No, c’è dell’altro:” La violenza assistita causa danni anche al comportamento del fanciullo, che rischia seriamente di scatenare nuove paure, rabbia e tristezza dovute al senso di impotenza che di frequente si accompagna ad ansia, maggiore impulsività, disturbi del sonno e della alimentazione. L’impatto della ferocia indiretta, inoltre, - fanno notare sempre dal Cismai – può determinare un blocco alla capacità di socializzare e di stringere rapporti e relazioni coi pari”. Tutto vero e assai reale. Come l’appello di questa mamma: “Dottore Raffa, mio figlio non dorme più, mangia male e ha di nuovo paura del buio. Ha quasi undici anni ma da qualche tempo è come se la sua crescita si fosse bloccata. Sembra essere tornato indietro di quattro, cinque anni. Non vuole più uscire, sembra spento. Sono disperata”. Bisogna fare qualcosa, aiutare i nostri bambini e i nostri adolescenti. Già, ma da dove cominciare? E da chi? Si deve cominciare da casa, cioè dai genitori. Lo sostengono pedagogisti, psicologi, studiosi della educazione dei giovani. La prestigiosa rivista americana “Journal of American Medical Association, Pediatrics” ha di recente pubblicato uno studio dal titolo “Parenting as primary prevention”, cioè la genitorialità come prevenzione primaria, in cui si afferma, giustamente, che “la mamma e il papà hanno un ruolo determinante nel sostenere lo sviluppo psicologico e fisico dei figli nell’infanzia e nell’adolescenza, anche nei momento più difficili e traumatici”.” Madri e padri in pole position per riaccendere i “motori” spenti dei bambini e degli adolescenti. In che modo? Prima riprendendo a osservarli, per capire se stanno soffrendo e in che maniera. Poi ricominciando ad ascoltarli. Perchè prestare ascolto significa amarli, vuol dire passare un tempo importante con loro. Perché il tempo che gli dedichiamo è più prezioso di qualsiasi regalo e degli stessi soldi. Oggi urge che i genitori tornino a fare i genitori. Va da sé che le famiglie vanno comunque affiancate e supportate da pedagogisti, psicologi e neuropsichiatri infantili. Poi tocca alle istituzioni aiutare le famiglie e i più giovani. Serve un piano Marshall educativo subito, oggi. In attesa di tutto questo, qualcosa comincia a muoversi dal basso, ovvero dalle associazioni, dai singoli professionisti, dalle scuole, dal Servizio civile. Si tratta del mini network costituito dall’Assod di Ragusa, che mi ha chiesto di mettere mano ad un progetto per la rilevazione dei nuovi disturbi che attanagliano i più giovani. L’azione ha già coinvolto un paio di centinaia di studenti tra gli 11 e i 14 anni. I primi risultati confermano purtroppo ciò che si prevedeva: anche i nostri bambini sono vittime dei fastidi causati dalla pandemia e dalla guerra.
Dr. G. Raffa, pedagogista