Il fascino della tradizione e della storia della fotografia sin dal 1956. Salvatore Tinghino è il fotografo del nostro tessuto sociale. Il cronista della memoria di un vissuto che rimane scolpito e immagazzinato nelle nostre menti grazie alle sue affascinanti immagini filmate da un infuocato obiettivo.
Un cambiamento epocale trasmesso a tre generazioni che ne hanno temprato e ricostruito frammenti di vita memorabili come la nostra cultura rurale e il suo percorso storico.
E’ la vita che si racconta in questi sessanta anni attraverso l’introspezione emersa dalle sensazionali immagini.
Sessanta anni sono trascorsi perché lo studio fotografico Tinghino nasce nel 1956 a Mazzarrone. Filippo Tinghino, appassionato di fotografia, la esercita per dieci anni. Nel frattempo, anche suo fratello Salvatore, esercita la professione e dopo qualche anno, nel 1972, si trasferisce a Vittoria dove inaugura il suo studio fotografico in Via Cavour.
Moltissime le mostre nazionali ed internazionali dove si è sempre raggiunto il primo premio!
Biagio Tinghino, fotografo professionista e regista, nasce nel 1989 a Vittoria. Acquisterà l'esperienza del padre che lo condurrà ad una maturazione artistica e professionale, grazie alla quale, oggi esercita la professione, nello studio di via Cavour.
Biagio diventa anche montatore e operatore video.
Dopo la maturità scientifica prosegue i suoi studi nel campo cinematografico; nel 2009 viene ammesso al seminario propedeutico del Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale del Cinema.
Nel 2011 si qualifica professionalmente come “Esperto Produttore di Cinema e Televisione”.
Collabora con il regista argentino Roberto Luis Garay. .
Nel 2013 fonda il MAKAR FEST – Concorso dei Corti del Cinema d' Autore, del quale è il direttore artistico.
Un percorso professionale di una famiglia dal valore inestimabile. A dir poco emozionante la critica del Prof Gian Giacomo Marino che ha risaltato le doti di Salvatore Tinghino: Piccolo mondo antico, fatto di sequenze temporali che durante l'anno nel corso delle feste tradizionali si ripetono ritmicamente ed invariabilmente, di mestieri antichi sempre uguali come nel primo mattino del mondo, di aurorali atteggiamenti della gente semplice di fronte al mistero della vita ed alla natura.
La verticalità dell'urbanesimo e la vorticosa lussuaria delle macchine dominatrici di una società computerizzata, non turbano le predilezioni del Tinghino per l'assorta solitudine di un uomo che nel pentolone antico rimescola la ricotta, per l'emarginato che trova in un bicchiere di vino il compagno col quale dividere le sue mestizie, per i fedeli in abito da società che portano sulle spalle il simulacro del Patrono con la compostezza di chi adempie un rito con profondo sentire.
La macchina fotografica , in Salvatore Tinghino, quando l'artista avverte il raptus irrefrenabile di fermare sulla carta sensibilizzata una certa realtà che lo ha colpito, consacrandola quasi all'eternità, da mezzo tecnico privo di spiritualità e frustrante, si trasforma in una occasione esistenziale, per esprimere, senza aria di stereotipata “grandeur”, una certa verità ( la sua verità!) che è cronaca e favola, realtà ed immaginazione.”
E la storia della nostra tradizione continua…!