Rivedere la prassi concertativa con il territorio. Per individuare una nuova perimetrazione. E’, questo, in fondo, il nodo cruciale. La richiesta è emersa dalla riunione congiunta, tenutasi a Palermo, della terza e quarta commissione all’Ars, rispettivamente Attività produttive e Ambiente, sul futuro del Parco nazionale degli Iblei. A darne comunicazione è l’on. Orazio Ragusa, presidente della terza commissione, il quale rileva che l’appuntamento ha avuto una valenza importante. “Infatti – spiega – è servito per audire numerosi sindaci, per quanto riguarda la provincia di Ragusa quelli di Giarratana e Chiaramonte, oltre al vicesindaco di Ragusa, per non parlare dei rappresentanti delle associazioni e delle organizzazioni di categoria. Il sentire comune sembra essere soltanto uno. E cioè il timore per la mummificazione delle attività produttive che ricadrebbero nella perimetrazione del Parco e il rischio che uno dei siti più importanti a livello nazionale potrebbe rappresentare tutto il contrario di un valore aggiunto per quanti hanno investito sul territorio. E’ stato portato come esempio, tra gli altri, l’attività estrattiva della pietra. Se finisse dentro la perimetrazione, non potrebbe più andare avanti. E’ una sfida importante quella che ci stiamo intestando, ne siamo ben consapevoli, e nessuno condanna a priori il Parco degli Iblei. Ma sono necessari ulteriori approfondimenti. Diventa difficile ogni tipo di programmazione se non si conosce nel dettaglio la procedura vincolistica, quali saranno le limitazioni per chi opera sul territorio con le proprie attività produttive. E, poi, in che modo ci si potrà rivolgere al comitato del Parco? Quale sarà l’iter? Non si rischia di creare ulteriori lacci e lacciuoli per le imprese che, invece, di tutto hanno bisogno tranne che di vedere complicato il proprio operato?”.
Da qui la necessità di redigere un documento che sarà inviato al ministro dell’Ambiente invocando la possibilità che tutti i soggetti interessati siano messi nella condizione di poter partecipare. “Tra l’altro – continua l’on. Ragusa – non bisogna dimenticare che in alcune città sono cambiati anche i sindaci e che i nuovi primi cittadini si stanno trovando adesso a gestire situazioni avviate da altri. Non ci sono le condizioni, dunque, per creare quello sviluppo sostenibile da tutte le parti auspicato. Ci viene rimproverato che ci sono stati quindici anni per discutere della questione. Bene, posso dire che, allora, in questi quindici anni la politica non è stata tenuta in debita considerazione e che sarebbe stato opportuno un coinvolgimento maggiore. Tra l’altro, non ne possiamo fare una battaglia ideale. Dobbiamo pensare alle ricadute concrete. E da quello che abbiamo sentito in commissione congiunta il rischio è di dovere tarpare le ali a numerose attività produttive. E questo, secondo noi, a maggior ragione in un momento delicato del genere, non deve e non può accadere”.