"Il 2020 è il terzo anno consecutivo di crisi per il comparto uva da tavola. A maggio abbiamo avuto richieste e prezzi abbastanza sostenuti, ma tutto è cambiato con l’arrivo del prodotto egiziano che, quest’anno, ha avuto un notevole ritardo, concentrandosi a giugno invece che a maggio, creando un’offerta abnorme sui mercati ed esautorando il prodotto italiano".
Inizia così la nota del presidente del Consorzio Uva di Mazzarrone Igp, Giovanni Raniolo, che aggiunge: "a causa del Covid, quest'anno, inoltre, i nostri costi sono aumentati per mancanza di manodopera ed altri fattori. Inoltre, abbiamo dovuto sostenere le spese del distanziamento nei magazzini con turni aggiuntivi, separatori e tutte quelle procedure messe in atto nel rispetto della salute del personale impiegato. Già, perché in Italia le regole si rispettano e la salute ha ancora un valore irrinunciabile, sul posto di lavoro come a tavola. A giugno, quando eravamo pronti con le produzioni più massive, abbiamo dovuto registrare una pesante perdita della domanda di oltre il 40%, con la conseguente impossibilità di vendere il prodotto. Basti pensare che nello stesso momento avevamo sui mercati europei uva, in particolare quella seedless, siciliana, pugliese, spagnola ed egiziana".
"In questo momento- aggiunge Raniolo. viviamo momenti difficili in cui non si salva nessuno. Si tratta solo di onorare le forniture e di gestire le perdite. Con un prezzo alla produzione di 0,60 – 0,70 Euro/kg, non possiamo competere con un prodotto già lavorato allo stesso prezzo e, peggio ancora, non possiamo neanche coprire le spese per la campagna. I mesi del Coronavirus hanno dato, come mai nessun altro periodo storico prima, la certezza che il consumatore italiano ed europeo ama i frutti della terra siciliana. Questo meccanismo virtuoso, però, è stato spezzato dalle solite logiche viziose di un mercato che, nel gioco delle fiscalità, nella ricerca del prezzo ad ogni costo, da una parte impone il rispetto delle regole e dall’altra le aggira. Adesso è arrivato il momento di imparare a capire come difenderci da alcuni meccanismi che la stessa UE permette in parte al suo interno ed anche al suo esterno, salvo poi pesare sugli anelli più deboli della nostra filiera ortofrutticola con restrizioni insostenibili”.