Siamo vicini, e ci resteremo, alla famiglia Guarascio, come informazione, ma anche umanamente, perchè il sacrificio del signor Giovanni non passi inosservato. Un gesto estremo andrebbe compreso, non "dimenticato".
L'ufficiale giudiziario sarebbe dovuto tornare stamattina a casa della famiglia Guarascio, in via Brescia a Vittoria, per eseguire lo sfratto. Come si ricorderà si tratta dell'abitazione dello sfortunato muratore che, nel 2013, si diede fuoco nel disperato tentativo di difendere la propria casa. Giovanni Guarascio morì poche settimane dopo, per le gravi ferite riportate.
Davanti alla casa dei Guarascio, stamattina, anche i componenti del "Comitato per la riforma e la sospensione delle aste giudiziarie" e tanti cittadini che hanno accolto l'appello lanciato dalla famiglia.
Pochi minuti fa la notizia del rinvio. Sono solo pochi giorni, fino al 18 novembre, ma la speranza è che entro quella data il fascicolo fermo in Procura da due anni circa venga ripreso e si decida cosa fare di questo caso: se archiviare o chiudere le indagini. Il procedimento penale vede indagate tre persone per i reati di turbativa d'asta ed estorsione. Si tratta del nuovo proprietario della casa, difeso dall'avv. Carmelo Scarso, di un avvocato difeso dal collega Daniele Scrofani e di un commercialista difeso dall'avv. Santino Garufi.
"Auspichiamo che il buon senso prevalga - aveva dichiarato stamattina Marcello Guastella, rappresentante del Comitato- e si continui la strada intrapresa di una trattativa che riconsegni la casa alla famiglia.
Al fianco della famiglia, stamattina, anche Don Vincenzo Sanzone, della parrocchia Santa Maria Goretti di Castellammare di Stabia, giunto a Vittoria proprio per sostenere di persona la vedova Guarascio e i tre figli in un momento tanto delicato.
Le dichiarazioni:
Parla il figlio visibilmente scosso e sfiduciato: “La giustizia ce l’hanno solo promessa – dice Antonio – ma fino ad oggi non abbiamo visto nulla”.
“Siamo stati completamente abbandonati dalle Istituzioni – continua Martina – e viviamo costantemente con ansia e paura. Abbiamo perso nostro padre, ma non abbiamo intenzione di perdere anche la nostra unica casa. Vivendo in casa, infatti, tutto ci parla di papà, soprattutto qua dentro tra queste mura, e se dovessimo uscire e chiudere la porta della nostra abitazione... non avremo perso solo noi ma lo Stato TUTTO”.
Don Vincenzo Sanzone rivolge dure parole alla società:
“Sono sacerdote da 50 anni – ha detto – e la mia missione è aiutare i più deboli. Una cosa è certa: se tutto questo fosse capitato nella mia parrocchia, Giovanni sarebbe ancora vivo. Possibile che nessuno abbia bussato alla loro porta per dare una mano? Nella mia parrocchia l'UOMO è al centro di tutto, anche se non praticante...perchè nessuno può giudicare quando si tratta di soccorrere spiritualmente".
Rimarremo qui, umilmente e silenziosamente, consoleremo i figli e la vedova di Giovanni Guarascio, perchè la vera ingiustizia parte dall'indifferenza!